AVVISO AI NAVIGANTI...: SIAMO ALLA RICERCA DI NOTIZIE DI QUESTI ILLUSTRATORI DI LIBRI PER L'INFANZIA ANNI '50-'60 : MARIAPIA FRANZONI TOMBA; BRUNO TOMBA; ANNA FRANZONI; ITALO ORSI; ROSELLA BANZI MONTI. CHIUNQUE PUO' AIUTARCI NELLA RICERCA DI NOTIZIE(anche la più piccola) PUO' INSERIRE UN COMMENTO IN QUALSIASI POST.

sabato 17 novembre 2012

SISSI .. il distacco (2)

Ieri Sissi è stata sterilizzata.
Fortunatamente non era in attesa di nessun cucciolo (mi sarebbe spiaciuto averle procurane la perdita .
L'ho riportata a casa alla sera. Sta benino ma è ancora intontita dall'anestesia.
Forse ancora non si è resa conto che i suoi cuccioli non ci sono più.
Ieri Veronica è venuta a prendersi il suo, che si chiamerà Rispetto,  e le ho chiesto il favore di portarsi via   anche gli altri, che andrò oggi a riprendere.
Questo perchè non volevo che Sissi al rientro li avrebbe ritrovati per poi separarsi di nuovo.
Così i piccoli se ne sono andati. Domani porterò l'altro alla sua nuova mamma e la femminuccia tornerà a casa poichè chi la prende abita al piano di sopra quindi, finchè saremo vicine,  mamma e figlia si frequenteranno sempre.

     Io sono il fanalino di coda, anch'io un maschietto. Assomiglio 
tantissimo alla mia sorellina: peso 140 grammi. Sono bellissimo e dolcissimo.
Rispetto a 20 giorni...

 Ciao piccolo Rispetto, fai il bravo con la tua mamma umana, ti seguiremo per un poco nella tua vita, vedremo i tuoi progressi. Impara a mangiare, che sei un poco calato di peso, perchè tu e tua sorella siete stati due pigroni, che volevate solo il latte della vostra mamma...!!! Ti vorremmo sempre tanto e tanto bene. La tua mamma Sissi, la nonna, Antonella ed io.

giovedì 15 novembre 2012

SISSI - Il distacco

Quello che doveva avvenire... tra pochi giorni avverrà!!!
Purtroppo, dopo una probabile gravidanza (di cui non c'è certezza) con la veterinaria si è deciso di  sterilizzare Sissi domattina (sempre che riesca a metterla nel trasportino). Due dei tre piccoli sabato dovrebbero andarsene con le loro nuove mamme umane. Una resta.
Sissi è stata un'ottima mamma, ma non ha insegnato nulla ai suoi piccoli  (sono grandicelli ormai... ) perciò va a loro insegnato tutto.
Soltanto il maschietto beige si arrangia a mangiare qualcosa da solo per il resto...  ad ogni richiesta c'era la loro mamma. Da domani però dovranno starle lontano. Anche se la natura dei gatti è così per noi è una piccola tragedia ... Mia mamma piange da adesso.. Mi ha detto che mai come oggi Sissi abbraccia i suoi piccoli, sembra che senta già il distacco.
Sono certa però che Veronica e Gaia (le mamme umane dei cuccioli) ne avranno cura. Una sola cosa vorrei: che mi facciano vedere - almeno per i primi tempi -  come crescono. Sono i miei tesori pelosissimi e PREZIOSISSIMI, li ho visti nascere, sono micetti abituati ad essere coccolati, baciati e "pastrocciati".
Quando anche l'ultima piccola se ne andrà, ci resterà la dolcissima Sissi da coccolare.
Credo che queste siano le ultime foto che li ritraggono insieme.






CIME TEMPESTOSE

Questo romanzo fu in un primo tempo tempo non venne accolto bene dalla critica, poi divenne un classico della letteratura.
Unico romanzo scritto da Emily Bronte, venne pubblicato nel 1847 che lo firmò con lo pseudomino di Ellis Bell. "Cime tempestose" è il nome della casa situata in cima ad una collina dello Yorkshire di proprietà della famiglia Earnshaw. Il romanzo, tramite dei narratori, racconta la storia di Heathcliff e di Catherine e dei loro figli.
Il narratore, Mr Lockwood, da poco trasferitosi come inquilino a Thrushcross Grange, una proprietà appartenente a Heathcliff, vicina  a Wuthering Heights. Una bufera lo costringe a passarvi la notte. L'uomo rimane subito molto colpito dagli strani personaggi che abitano la casa. Durante la tormentata notte trascorsa a Wuthering Heights, a Mr. Lockwood succedono strane cose. Poco dopo, Lockwood si ammala e si fa raccontare da Ellen (Nelly) Dean, la governante di Thrushcross Grange, la storia del suo affittuario.
Mr. Earnshaw, il primo propritario di Wuthering Heights, al rientro da Liverpool, porta a casa un ragazzino orfano, Heathcliff, All'inizio i suoi figli, Hindley e Catherine, detestano il ragazzo, ma col tempo Heathcliff conquista l'amicizia della piccola.
Alla morte di Mr. Earnshaw,  Hindley si sposa e diventa  padrone di Wuthering Heights, obbligando Heathcliff a abbandonare gli studi e lavorare come garzone. Nonostante questo, Heathcliff e Catherine rimangono molto legati. A causa di un incidente nel parco di Thrushcross Grange, Catherine rimane alla Grange per cinque settimane, stringendo amicizia con Edgar Linton, primogenito della ricca famiglia Linton. Al suo ritorno a Wuthering Heights, la ragazza scopre che  Heathcliff ha modificato il suo carattere, diventando rozzo, mentre lei in quei mesi di lontananza è diventata raffinata. Un anno dopo muore la moglie di Hindley, pochi mesi dopo aver dato alla luce Hareton. Hindley inizia a bere. Circa due anni dopo, Catherine si fidanza con Edgar, pur confessando a Nelly  che ama disperatamente Heathcliff. Egli sente solo una parte della confessione di Catherine, nella quale ella pare disprezzarlo e quindi decide di partire per cercare fortuna. Dopo tre anni di fidanzamento Catherine e Edgar si sposano e  Heathcliff ritorna, dopo aver accumulato un'enorme ricchezza. Paga i debiti di gioco di Hindley, rilevando Wuthering Heights e si  sposa pur non essendone innamorato, Isabella Linton, la sorella di Edgar. La sua crudeltà verso Isabella e Hareton, il figlio di Hindley Earnshaw, non conosce limiti.
Catherine si ammala di dolore e muore durante il parto di una bambina, chiamata con il suo stesso nome, ma soprannominata Cathy per distinguerla dalla madre. Prima di morire però Catherine e Heathcliff riescono finalmente a dichiararsi il loro amore e  Heathclif, disperato,  invoca il suo fantasma, pregandolo di non dargli pace.  Isabella fugge subito dopo il funerale di Catherine, dando alla luce un bambino, Linton. Nello stesso periodo Hindley muore, e Heathcliff assume il controllo definitivo di Wuthering Heights. Alla morte di Isabella prende con sé Linton, suo figlio, nonostante la madre lo avesse affidato alle cure dello zio.
Quindici o sedici anni dopo Cathy visita casualmente Wuthering Heights, dove incontra Linton ed Hareton. Prova subito simpatia per il primo, nonostante sia malaticcio e viziato, mentre disprezza il secondo, abbrutito e ignorante. Heathcliff fa di tutto per favorire l'unione tra Linton e Cathy poiché alla morte di Edgar Linton, che sembra ormai prossima, Trushcross Grange passerebbe a Linton. Poco dopo il matrimonio tra i due Edgar Linton muore, seguito a poca distanza da Linton figlio di Heathcliff, il quale mostra di non provare alcun dolore per la perdita del figlio. Heathcliff diventa il padrone assoluto non solo di Wuthering Heights ma anche di Thrushcross Grange.
Qui termina il racconto di Nelly Dean. Mr Loockwood parte allora per Londra. Sette mesi dopo ritorna ma non trova Nelly a Thrushcross Grange, bensì a Wuthering Heights. Si fa raccontare quindi l'ultima parte della storia.
Hareton, innamorato di Cathy cerca di togliersi dalla sua condizione e di imparare a leggere: Cathy, tuttavia, si fa beffe di lui. Ma, lentamente, la loro avversione si indebolisce e presto tra i due nasce un sincero affetto. Heathcliff, che potrebbe benissimo stroncare la loro relazione, confessa a Nelly, che nel frattempo è arrivata a Wuthering Heights, di non aver più voglia e interesse a farlo. Egli appare infatti sempre più estraniato dal mondo circostante. A un certo punto sembra iniziare a vedere il fantasma di Catherine che si aggira per la casa e spera in una riconciliazione spirituale fra loro. Poco dopo viene trovato morto nel suo letto. Viene sepolto con la sua amata Catherine.
Cathy e Hareton decidono di sposarsi, mentre la narrazione si conclude con Lockwood che visita la tomba e nega che gli spiriti di Heathcliff e Catherine, finalmente liberi di amarsi, vaghino per la brughiera tenendosi per mano, come sostiene invece la superstizione locale.
Da questo romanzo sono stati tratti film e sceneggiati. Il più famoso è quello risalente al 1939,  interpretato da Laurence Olivier, Merle Oberon nelle parti di Heathcliff e Catherine, e David Niven che impersona  Edgar.





Nel 1992  ci fu un'altro adattamento cinematografico dove sono presenti entrambe le generazioni e Juliette Binoche interpreta sia Catherine che la figlia Cathy. Heathcliff e Edgar sono stati invece interpretati rispettivamente da Ralph Fiennes e Jeremy Northam.

Alla TV di stato venne trasmessa una miniserie in cui Alessandro Boni e Anita Caprioli sono Heathcliff e Catherine.
 

Kate Bush lanciò nel 1978 la canzone "Wuthering hights" di ottimo successo e ispirata al romanzo.



 Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Cime_tempestose_%28romanzo%29
Alcune parti sono state copiate e incollate.
Immagini dal web.

lunedì 12 novembre 2012

MIANNA

Cara Mianna per il tuo compleanno,  ti auguro di trascorrere  una serena giornata con le persone che ami, e che  tutti i tuoi desideri si realizzino.


Ebbene sì, visto che non ci sono molte PPS da fare, mi sto "dando" alla grafica. Non è perfetto ma sono solo agli inizi!!!! Ancora tanti e tanti auguri.

domenica 11 novembre 2012

BENVENUTA SPECIALE....

Questa sera ho creato questa immagine solo per te... 

(Post 11-11-2012)

Questa foto a molti non dirà nulla ma a me e a Cinzia dice... eccome se dice!!!
Qui, Cinzia ed io, per quattro anni, abbiamo passato 8 ore al giorno insieme, lavorando ma anche divertendoci.
"Ti ricordi in stazione Centrale "la papera"? ... e quando guardavamo i piccioni sotto la neve?"  tanto per dirne qualcuna... Il nostro lavoro  era abbastanza pesante ma a contatto con la gente, di qualsiasi età, e a  qualcuno ci affezionavamo pure (ehm.. ehm...!!!), come ad esempio la coppia "Giulietta" e Romeo... te li ricordi?
Cinzia è stata una ex-collega di lavoro carinissima. Non ricordo che abbiamo mai avuto un litigio anche se caratterialmente diverse: Cinzia più solare e io più pessimista.  Per tanti anni anni non ci siamo viste: forse l'ultima quando era nato il suo bimbo, ormai giovanotto e la mia era piccola. Nel corso di questi anni, l'ho sempre ricordata e pensata, qualche volta ci siamo sentite al telefono. Poco tempo fa ho avuto la bellissima sorpresa della sua visita.
Ora abitiamo più vicine, e sicuramente non ci perderemo più di vista... Poco fa in un messaggio mi ha detto che lunedì entrerà nel blog. E voglio accoglierla con questo benvenuta speciale....
Un abbraccione. Clò

mercoledì 7 novembre 2012

VECCHIA POESIA

Dal filone "Le poesie di mia mamma"
Questa piccola poesia la si trova in internet ma, mia mamma me l'ha sempre raccontata diversamente anche se tutto sommato è identica a quella dal web.


LA GALLINA

Disse un giorno una gallina:
"Son graziosa, sono fina,
so cantare coccodè
la campagna non fa per me!
Me ne scappo e vò in città.
trallalero, trallalà...!"
Così fece una mattina
quella stupida gallina
E sapete come andò?
Passò un tram e la schiacciò.

martedì 6 novembre 2012

FRITZ BAUMGARTEN

Nato a Reidniz, il 18 agosto 1883, Karl Friedrick (Fritz) Baumgarten, fu un litografo, pittore e illustratori di libri per l'infanzia.
Ultimo di tre figli, seguì le orme del nonno paterno, Johann Friedrik August Baumgarten, anch'esso disegnatore e ritrattista.
Lavorò come litografo a Lipsia e frequentò le accademie di Dresda e di Monaco di Baviera.
Negli anni 1920-1960 pubblicò più di 500 libri per bambini, tra leggende, libri popolari e storie per adolescenti e fiabe dei fratelli Grimm,  la maggior parte prima della seconda guerra mondiale. Illustrò anche dei giochi da tavolo.
I suoi soggetti preferiti erano elfi e nani,
Si sposò con Elsa Hollburg ed ebbe due figli. Durante un bombardamento, nel 1944, alcune sue opere vennero distrutte.  Morì a Lipsia, il 3 novembre 1966.
Alcune cartoline:











Immagini tratte da alcuni libri.










La piccolissima biografia è stata tratta da http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=de|it&u=http://de.wikipedia.org/wiki/Fritz_Baumgarten_%28Illustrator%29
Le cartoline trovate nel web.

venerdì 2 novembre 2012

IL GIORNO DEI MORTI - G. Pascoli

Mausoleo Famiglia Pascoli
Non credo esistano poesie più tristi di quelle scritte da Giovanni Pascoli. 
La perdita del padre, della madre e di tre dei suoi fratelli,  segnò profondamente la sua persona e la sua poetica. La prima poesia, che apre "Myricae" (una raccolta di poesie che venne pubblicata una prima volta nel 1891), decrive, in un immaginario, tutti i membri della famiglia morti,  riuniti  in una nuova unità familiare  in attesa di una visita  dei vivi.  Questi ultimi sono rappresentati in una condizione indifesa e minacciata che non esclude però un senso di colpa rispetto ai defunti e un bisogno di riconciliarsi con loro, di invocarne protezione e, implicitamente, perdono.
 I resti dei componenti della Famiglia Pascoli (escluso il poeta e la sorella Mariù, sepolti a Castevecchio), furono taslate dalla tomba di famiglia nel Mausoleo.




 IL GIORNO DEI MORTI

Io vedo (come è questo giorno, oscuro!),
vedo nel cuore, vedo un camposanto
con un fosco cipresso alto sul muro.

E quel cipresso fumido si scaglia
allo scirocco: a ora a ora in pianto
sciogliesi l'infinita nuvolaglia.

O casa di mia gente, unica e mesta,
o casa di mio padre, unica e muta,
dove l'inonda e muove la tempesta;

o camposanto che sì crudi inverni
hai per mia madre gracile e sparuta,
oggi ti vedo tutto sempiterni

e crisantemi. A ogni croce roggia
pende come abbracciata una ghirlanda
donde gocciano lagrime di pioggia.

Sibila tra la festa lagrimosa
una folata, e tutto agita e sbanda.
Sazio ogni morto, di memorie, posa.

Non i miei morti. Stretti tutti insieme,
insieme tutta la famiglia morta,
sotto il cipresso fumido che geme,

stretti così come altre sere al foco
(urtava, come un povero, alla porta
il tramontano con brontolìo roco),

piangono. La pupilla umida e pia
ricerca gli altri visi a uno a uno
e forma un'altra lagrima per via.

Piangono, e quando un grido ch'esce stretto
in un sospiro, mormora, Nessuno! . . .
cupo rompe un singulto lor dal petto.

Levano bianche mani a bianchi volti,
non altri, udendo il pianto disusato,
sollevi il capo attonito ed ascolti.

Posa ogni morto; e nel suo sonno culla
qualche figlio de' figli, ancor non nato.
Nessuno! i morti miei gemono: nulla!

- O miei fratelli! - dice Margherita,
la pia fanciulla che sotterra, al verno,
si risvegliò dal sogno della vita:

- o miei fratelli, che bevete ancora
la luce, a cui mi mancano in eterno
gli occhi, assetati della dolce aurora;

o miei fratelli! nella notte oscura,
quando il silenzio v'opprimeva, e vana
l'ombra formicolava di paura;

io veniva leggiera al vostro letto;
Dormite! vi dicea soave e piana:
voi dormivate con le braccia al petto.

E ora, io tremo nella bara sola;
il dolce sonno ora perdei per sempre
io, senza un bacio, senza una parola.

E voi, fratelli, o miei minori, nulla! . . .
voi che cresceste, mentre qui, per sempre,
io son rimasta timida fanciulla.

Venite, intanto che la pioggia tace,
se vi fui madre e vergine sorella:
ditemi: Margherita, dormi in pace.

Ch'io l'oda il suono della vostra voce
ora che più non romba la procella:
io dormirò con le mie braccia in croce.

Nessuno!- Dice; e si rinnova il pianto,
e scroscia l'acqua: un impeto di vento
squassa il cipresso e corre il camposanto.

- O figli - geme il padre in mezzo al nero
fischiar dell'acqua - o figli che non sento
più da tanti anni! un altro cimitero

forse v'accolse e forse voi chiamate
la vostra mamma, nudi abbrividendo
sotto le nere sibilanti acquate.

E voi le braccia dall'asil lontano
a me tendete, siccome io le tendo,
figli, a voi, disperatamente invano.

O figli, figli! vi vedessi io mai!
io vorrei dirvi che in quel solo istante
per un'intera eternità v'amai.

In quel minuto avanti che morissi,
portai la mano al capo sanguinante,
e tutti, o figli miei, vi benedissi.

Io gettai un grido in quel minuto, e poi
mi pianse il cuore: come pianse e pianse!
e quel grido e quel pianto era per voi.

Oh! le parole mute ed infinite
che dissi! con qual mai strappo si franse
la vita viva delle vostre vite.

Serba la madre ai poveri miei figli:
non manchi loro il pane mai, né il tetto,
né chi li aiuti, né chi li consigli.

Un padre, o Dio, che muore ucciso, ascolta:
aggiungi alla lor vita, o benedetto,
quella che un uomo, non so chi, m'ha tolta.

Perdona all'uomo, che non so; perdona:
se non ha figli, egli non sa, buon Dio . . .
e se ha figlioli, in nome lor perdona.

Che sia felice; fagli le vie piane;
dagli oro e nome; dagli anche l'oblio;
tutto: ma i figli miei mangino il pane.

Così dissi in quel lampo senza fine;
Vi chiamai, muto, esangue, a uno a uno,
dalla più grandicella alle piccine.

Spariva a gli occhi il mondo fatto vano.
In tutto il mondo più non era alcuno.
Udii voi soli singhiozzar lontano. -

Dice; e più triste si rinnova il pianto;
più stridula, più gelida, più scura
scroscia la pioggia dentro il camposanto.

- No, babbo, vive, vivono - Chi parla?
Voce velata dalla sepoltura,
voce nuova, eppur nota ad ascoltarla,

o mio Luigi, o anima compagna!
come ti vedo abbrividire al vento
che ti percuote, all'acqua che ti bagna!

come mutato! sembra che tu sia
un bimbo ignudo, pieno di sgomento,
che chieda, a notte, al canto della via.

- Vivono, vive. Non udite in questa
notte una voce querula, argentina,
portata sino a noi dalla tempesta?

È la sorella che morì lontano,
che in questa notte, povera bambina,
chiama chiama dal poggio di Sogliano.

Chiama. Oh! poterle carezzare i biondi
riccioli qui, tra noi; fuori del nero
chiostro, de' sotterranei profondi!

Un'altra voce tu, fratello, ascolta;
dolce, triste, lontana; il tuo Ruggiero;
in cui, babbo, moristi un'altra volta.

Parlano i morti. Non è spento il cuore
né chiusi gli occhi a chi morì cercando,
a chi non pianse tutto il suo dolore.

E or per quanto stridula di vento
ombra ne dividesse, a quando a quando
udrei, come da vivo, il tuo lamento,

o mio Giovanni, che vegliai, che ressi,
che curai, che difesi, umile e buono,
e morii senza che rivedessi!

Avessi tu provato di quell'ora
ultima il freddo, e or quest'abbandono,
gemendo a noi ti volgeresti ancora.-

- Ma se vivete, perché, morti cuori,
solo è la nostra tomba illacrimata,
solo la nostra croce è senza fiori ?-

Così singhiozza Giacomo: poi geme:
- Quando sola restò la nidïata,
Iddio lo sa, come vi crebbi insieme:

se con pia legge l'umili vivande
tra voi divisi, e destinai de' pani
il più piccolo a me ch'ero il più grande;

se ribevvi le lagrime ribelli
per non far voi pensosi del domani,
se il pianto piansi in me di sei fratelli;

se al sibilar di questi truci venti,
al rombar di quest'acque, io suscitava
la buona fiamma d'eriche e sarmenti;

e io, quando vedea rosso ogni viso,
e più rossi i più piccoli, tremava
sì, del mio freddo, ma con un sorriso.

Ma non per me, non per me piango; io piango
per questa madre che, tra l'acqua, spera,
per questo padre che desìa, nel fango;

per questi santi, o fratel mio, che vivi;
di cui morendo io ti dicea . . . ma era
grossa la lingua e forse non udivi.-

Io vedo, vedo, vedo un camposanto,
oscura cosa nella notte oscura:
odo quel pianto della tomba, pianto

d'occhi lasciati dalla morte attenti,
pianto di cuori cui la sepoltura lasciò,
ma solo di dolor, viventi.

L'odo: ora scorre libero: nessuno
può risvegliarsi, tanto è notte, il vento
è così forte, il cielo è così bruno.

Nessuno udrà. La povera famiglia
può piangere. Nessuno, al suo lamento,
può dire: Altro è mio figlio! altra è mia figlia!

Aspettano. Oh! che notte di tempesta
piena d'un tremulo ululo ferino!
Non s'ode per le vie suono di pesta.

Uomini e fiere, in casolari e tane,
tacciono. Tutto è chiuso. Un contadino
socchiude l'uscio del tugurio al cane.

Piangono. Io vedo, vedo, vedo. Stanno
in cerchio, avvolti dall'assidua romba.
Aspetteranno, ancora, aspetteranno.

I figli morti stanno avvinti al padre
invendicato. Siede in una tomba.
(io vedo, io vedo) in mezzo a lor, mia madre.

Solleva ai morti, consolando, gli occhi,
e poi furtiva esplora l'ombra. Culla
due bimbi morti sopra i suoi ginocchi.

Li culla e piange con quelli occhi suoi,
piange per gli altri morti, e per se nulla,
e piange, o dolce madre! anche per noi;

e dice:- Forse non verranno. Ebbene,
pietà! Le tue due figlie, o sconsolato,
dicono, ora, in ginocchio, un po' di bene.

Forse un corredo cuciono, che preme:
per altri: tutto il giorno hanno agucchiato,
hanno agucchiato sospirando insieme.

E solo a notte i poveri occhi smorti
hanno levato, a un gemer di campane;
hanno pensato, invidïando, ai morti.

Ora, in ginocchio, pregano Maria
al suon delle campane, alte, lontane,
per chi qui giunse, e per chi resta in via

là; per chi vaga in mezzo alla tempesta,
per chi cammina, cammina, cammina,
e non ha pietra ove posar la testa.

Pietà pei figli che tu benedivi!
In questa notte che non mai declina,
orate requie, o figli morti, ai vivi!-
O madre! il cielo si riversa in pianto
oscuramente sopra il camposanto.

giovedì 1 novembre 2012

ANCORA FOTO CUCCIOLI...

Volevo aspettare un pò a mettere nuove immagini dei cuccioli ma non ho resistito.... diventano ogni giorno più belli.







...e questa è la più bella di tutte!!!!!!