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martedì 19 marzo 2019

SAN GIUSEPPE

San Giuseppe, sposo di Maria e il padre putativo di Gesù, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa.
Nonostante l'importanza della sua persona, le notizie che lo riguardano sono molto poche.

Secondo la tradizione dei Vangeli apocrifi, in particolar modo il Protovangelo di Giacomo (II secolo) Giuseppe, discendente dalla famiglia di David e originario di Betlemme, prima del matrimonio con Maria si sposò con una donna che gli diede sei figli, quattro maschi (Giuda, Giuseppe, Giacomo e Simeone) e due femmine (Lisia e Lidia). Rimase però ben presto vedovo e con i figli a carico. La Chiesa ortodossa accoglie questa tradizione, mentre la Chiesa cattolica rifiuta questa interpretazione, e sostiene che si trattasse di cugini o altri parenti stretti.


In molti pensano che Giuseppe fosse un falegname. Ma non è esattamente così. Nel Vangelo di  Matteo, Gesù viene definito come “il figlio del carpentiere”. Il termine greco téktôn, che si traduce solitamente con “carpentiere”, corrisponde al latino faber e indica un artigiano che lavora il legno o la pietra. Il legno non era un’esclusiva dei falegnami, ma ai tempi era fondamentale per la costruzione delle case nella regione.
Lavorò principalmente a Nazareth,  ma potrebbe avere lavorato per qualche tempo anche a Cafarnao (a sostegno di questa ipotesi viene citato un passo del Vangelo di Giovanni, in cui Gesù predica nella sinagoga di Cafarnao e i suoi oppositori dicono di lui che è il figlio di Giuseppe, cosa che dimostrerebbe che essi conoscevano Giuseppe, e probabilmente insieme a Gesù, anche a Zippori, importante città situata a pochi chilometri da Nazaret.


Seguendo ancora la tradizione apocrifa, Giuseppe, già in età avanzata, si unì ad altri celibi della Palestina, tutti discendenti di Davide, richiamati da alcuni banditori provenienti da Gerusalemme. Il sacerdote Zaccaria aveva infatti ordinato che venissero convocati tutti i figli di stirpe reale per sposare la giovane Maria, futura madre di Gesù, allora dodicenne, che era vissuta per nove anni nel tempio. Per indicazione divina, questi celibi avrebbero condotto all'altare il loro bastone, Dio stesso ne avrebbe poi fatto fiorire uno, scegliendo così il prescelto.
Zaccaria entrato nel tempio chiese responso nella preghiera, poi restituì i bastoni ai legittimi proprietari: l'ultimo era quello di Giuseppe, era in fiore e da esso uscì una colomba che si pose sul suo capo. Giuseppe si schermì facendo presente la differenza d'età, ma il sacerdote lo ammonì a non disubbidire alla volontà di Dio. Allora questi, pieno di timore, prese Maria in custodia nella propria casa.


Secondo Matteo, quando la Madonna concepì verginalmente Gesù era sposata con Giuseppe, anche se non vivevano ancora insieme. Prima dello sposalizio vero e proprio, tra gli ebrei si prevedeva un periodo di fidanzamento, ma con un impegno tanto forte e vincolante che i due promessi potevano essere già chiamati sposo e sposa e che il vincolo poteva essere sciolto solo mediante il ripudio. Dal testo dello stesso Matteo deduciamo la notizia che, dopo che l’angelo ebbe rivelato a Giuseppe che Maria aveva concepito per opera dello Spirito Santo, i due si sposarono e andarono ad abitare insieme.


Secondo il racconto del Vangelo secondo Luca, qualche mese dopo Giuseppe si spostò insieme a Maria dalla città di Nazaret, in Galilea, a Betlemme, in Giudea, a causa di un censimento  della popolazione di tutto l'impero, per il quale anche lui doveva registrarsi nella sua città d'origine, insieme alla sposa. Mentre i due si trovavano a Betlemme, giunse il momento del parto e la ragazza diede alla luce il figlio.
Giuseppe fu testimone dell'adorazione del piccolo da parte di pastori avvisati da un angelo, e più tardi anche di quella dei magi, venuti dal lontano Oriente, secondo l'indicazione ottenuta dagli astri e da una stella in particolare.


Dopo otto giorni dalla nascita, secondo la legge di Mosè, avvenne la circoncisione del bambino, cui Giuseppe impose il nome Gesù. Quaranta giorni dopo lui e Maria portarono il neonato a Gerusalemme per la presentazione al tempio e lì assistettero alla profetica esaltazione del vecchio Simeone che predisse un futuro glorioso per il bambino, segno di contraddizione e gloria del suo popolo Israele. Dopo la presentazione al tempio, l'evangelista Luca ci narra che fecero ritorno in Galilea, alla loro città Nazaret.
La Sacra Famiglia rimase a Betlemme per un periodo non ben determinato, sembra da un minimo di 40 giorni (Luca) a un massimo di due anni (Matteo), dopo di che secondo Matteo, avvertito in sogno da un angelo, Giuseppe con la sposa e il figlio fuggì in Egitto a causa della persecuzione del re Erode che, avendo udito il racconto dei magi, voleva liberarsi di quel "nascituro re dei Giudei", massacrando tutti i bambini di Betlemme dai due anni in giù. Dopo un periodo di esilio non ben determinato, ricevuto in sogno l'ordine di partire, poiché Erode era morto, tornò con la famiglia a Nazaret dove  Gesù cresceva giovane e forte, sottomesso ai genitori.


Quando Gesù iniziò la sua vita pubblica, molto probabilmente Giuseppe era già morto. Infatti, non è mai più menzionato dai Vangeli dopo l'episodio del tempio. Maria è presente da sola alla crocifissione di Gesù, cosa che non sarebbe avvenuta se Giuseppe fosse stato vivo. Inoltre, quando Gesù è in croce, affida Maria al suo discepolo Giovanni, il quale "da quel momento la prese nella sua casa", il che non sarebbe stato necessario se Giuseppe fosse stato in vita.


Mentre i Vangeli canonici non dicono nulla sulla morte di Giuseppe, qualche notizia si trova nei Vangeli apocrifi. Secondo l'apocrifo "Storia di Giuseppe il falegname", che descrive dettagliatamente il trapasso del santo, Giuseppe aveva ben 111 anni quando morì, godendo sempre di un'ottima salute e lavorando fino al suo ultimo giorno. Avvertito da un angelo della prossima morte, si recò a Gerusalemme e al suo ritorno venne colpito dalla malattia che l'avrebbe ucciso. Stremato nel suo letto, sconvolto dai tormenti, travagliato nella mente e consolato dalla presenza di Gesù e da Maria, viene liberato dalla visione della morte e dell'Oltretomba, scacciate subito da Gesù stesso.
L'anima del santo viene quindi raccolta dagli arcangeli e condotta in paradiso. Il suo corpo viene poi sepolto con tutti gli onori alla presenza dell'intera Nazaret.

Ancora oggi non sappiamo dove si trovi la tomba del santo.


Testo da Wikipedia.  Immagini dal web.

venerdì 8 marzo 2019

Otto marzo

Una leggenda narra che la data dell’8 marzo sia stata scelta per festeggiare la Giornata internazionale della donna  in ricordo di un grande incendio avvenuto in questa data a New York  di  una fabbrica di camicie nel quale  morirono  123 operaie. Ma quel tragico evento, in realtà, non accadde mai.
Così come non risulta vero che sia stata Clara Zetkin nella Seconda conferenza internazionale socialista del 1910 tenuta a Copenaghen a fare questa scelta. Sebbene la Zetkin abbia avuto un ruolo fondamentale nella battaglia per il riconoscimento dei diritti femminili, l’8 marzo non c’entra nulla con lei.

Le vere origini di questa ricorrenza sono molto confuse. Pare che sia un altro incendio avvenuto nel 1911 della fabbrica “Triangle”  il vero simbolo della ricorrenza dell’8 Marzo.


Il 25 marzo di quell'anno cinquecento donne (tra i 15 e i 25 anni), più un centinaio di uomini stavano lavorando in un palazzone di Washington Place a New York. La fabbrica di camicie si chiamava “Triangle Waist Company” e occupava gli ultimi tre piani dell’edificio.
Le donne della “Triangle” lavoravano sessanta ore la settimana ma non si contavano gli straordinari imposti e poco pagati. Ma forse non era nell’estenuante orario di lavoro il vero malessere delle operaie: la sorveglianza era feroce ed era esercitata da “caporali” esterni, retribuiti a cottimo dai padroni, ognuno dei quali sorvegliava e retribuiva a sua volta sette ragazze imponendo loro ritmi massacranti, che spesso erano origine di incidenti durante le ore lavorative.
Gli ingressi erano chiusi a chiave per impedire alle lavoranti di lasciare il proprio posto di lavoro, seppure per pochi minuti.
Alle 16.40 per cause accidentali si propagò l’incendio che a partire dall’ottavo piano salì il nono e poi devastò il decimo.
Alcune donne riuscirono a scendere lungo la scala anti incendio che crollò sotto il peso di tante disperate preda del terrore e anche l’ascensore cedette. Le operaie dovettero salire al decimo piano ma anche lì arrivò il fuoco e quel giorno a New York si videro scene che poi si rividero nella stessa città l’11 settembre del 2011, il giorno dell’attacco alle Twin Tover.

«La folla da sotto urlava: "Non saltare!"», scrisse il New York Times. «Ma le alternative erano solo due: saltare o morire bruciati. E hanno cominciato a cadere i corpi». Tanti che «i pompieri non potevano avvicinarsi con i mezzi perché nella strada c'erano mucchi di cadaveri». «Qualcuno pensò di tendere delle reti per raccogliere i corpi che cadevano dall'alto», scrisse il Daily, «ma queste furono subito strappate dalla violenza di questa macabra grandinata. In pochi istanti sul pavimento caddero in piramide orrenda cadaveri di trenta o quaranta impiegate alla confezione delle bleuses». «A una finestra del nono piano vedemmo apparire un uomo e una donna. Ella baciò l'uomo che poi la lanciò nel vuoto e la seguì immediatamente». «Due bambine, due sorelle, precipitarono prese per la mano; vennero separate durante il volo ma raggiunsero il pavimento nello stesso istante, entrambe morte».

In questa tragedia delle 123 donne (più 23 uomini) sfracellate al suolo 39 erano italiane, immigrate nella Grande Mela. Tra queste  Caterina, Lucia e Rosa Maltese (madre e figlie),  Bettina e Francesca Maiale, Rosa e Caterina Bona, Antonia e Anna Vita Pasqualicchio, Serafina e Sara Saracino, Isabella e Maria Giuseppa Tortorelli, Annie L’Abbate, Bessie Viviano,Vincenza Benanti, Emilia Prato,  Kate Leone. Le altre donne erano in gran parte ebree venute negli Stati Uniti dall’Europa orientale, dalla Russia soprattutto, per sfuggire i terribili pogrom che periodicamente si abbattevano sulle povere comunità ebraiche dell’Est.
I proprietari della “Triangle” Max Blanck e Isaac Harris, che al momento dell'incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiusi a chiave gli operai per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne e gli uomini rimasti intrappolati. Il processo che seguì li assolse e l'assicurazione pagò loro 60.000 dollari per i danni subiti (corrispondenti a circa 400 dollari per ogni morto), il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari.

Anche se questo episodio non sia esattamente l'origine di questa ricorrenza è sicuramente il più significativo per cogliere da vicino la condizione della donna nella società industriale: sfruttata per pochi soldi, priva di diritti, tra cui anche il diritto di voto; circondata dal pregiudizio di una presunta inferiorità morale ed intellettiva rispetto all’uomo; libera solo di scegliere se morire di parto, in una fabbrica di camicie, per mano di un bruto o uccisa dalla polizia nella repressione dei frequenti scioperi dell’epoca.



In Italia, la prima giornata della donna si svolse nel 1922, ma il 12 marzo e non l'8.
Si dovette però attendere gli anni Settanta perché la ricorrenza avesse un riconoscimento ufficiale. E ciò avvenne soltanto sulla scia delle proteste del movimento femminista, in particolare sulla scia della manifestazione tenutasi a Roma l’8 marzo 1972, quando la polizia, senza alcun preavviso, caricò e malmenò migliaia di donne presenti in piazza, ree di gridare a gran voce slogan femministi allora assolutamente intollerabili per gran parte della società italiana.

La mimosa. Sono state le italiane a eleggere la mimosa “pianta delle donne”. Nel 1946, l’U.D.I. (Unione Donne Italiane) cercava un fiore che potesse celebrare la prima Festa della donna del dopoguerra. La scelta fu quasi obbligata: la mimosa è una delle poche piante a essere fiorita all’inizio di marzo. Inoltre aveva il vantaggio di essere poco costosa.

La Giornata Internazionale della Donna è festa nazionale in numerosi Paesi: Afghanistan, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Burkina Faso, Cambogia, Cuba, Georgia, Guinea-Bissau, Eritrea, Kazakistan, Kirghizistan , Laos, Moldavia, Mongolia, Montenegro, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Uganda, Ucraina, Uzbekistan, Vietnam and Zambia; mentre in Cina, Madagascar e Nepal la festività è riservata solo alle donne.

Oggi la festa della donna ha un po' perso il suo valore iniziale. Mentre ci sono organizzazioni femminili che continuano a cercare di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi di varia natura che riguardano il sesso femminile - come la violenza contro le donne e il divario salariale rispetto agli uomini - molte donne considerano questa giornata come l'occasione per uscire da sole con le amiche, lasciando mariti, compagni e figli a casa, e concedersi qualche "sfizio", che magari in altre serate non sarebbe permesso.


Testo e immagini dal web.