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venerdì 8 marzo 2019

Otto marzo

Una leggenda narra che la data dell’8 marzo sia stata scelta per festeggiare la Giornata internazionale della donna  in ricordo di un grande incendio avvenuto in questa data a New York  di  una fabbrica di camicie nel quale  morirono  123 operaie. Ma quel tragico evento, in realtà, non accadde mai.
Così come non risulta vero che sia stata Clara Zetkin nella Seconda conferenza internazionale socialista del 1910 tenuta a Copenaghen a fare questa scelta. Sebbene la Zetkin abbia avuto un ruolo fondamentale nella battaglia per il riconoscimento dei diritti femminili, l’8 marzo non c’entra nulla con lei.

Le vere origini di questa ricorrenza sono molto confuse. Pare che sia un altro incendio avvenuto nel 1911 della fabbrica “Triangle”  il vero simbolo della ricorrenza dell’8 Marzo.


Il 25 marzo di quell'anno cinquecento donne (tra i 15 e i 25 anni), più un centinaio di uomini stavano lavorando in un palazzone di Washington Place a New York. La fabbrica di camicie si chiamava “Triangle Waist Company” e occupava gli ultimi tre piani dell’edificio.
Le donne della “Triangle” lavoravano sessanta ore la settimana ma non si contavano gli straordinari imposti e poco pagati. Ma forse non era nell’estenuante orario di lavoro il vero malessere delle operaie: la sorveglianza era feroce ed era esercitata da “caporali” esterni, retribuiti a cottimo dai padroni, ognuno dei quali sorvegliava e retribuiva a sua volta sette ragazze imponendo loro ritmi massacranti, che spesso erano origine di incidenti durante le ore lavorative.
Gli ingressi erano chiusi a chiave per impedire alle lavoranti di lasciare il proprio posto di lavoro, seppure per pochi minuti.
Alle 16.40 per cause accidentali si propagò l’incendio che a partire dall’ottavo piano salì il nono e poi devastò il decimo.
Alcune donne riuscirono a scendere lungo la scala anti incendio che crollò sotto il peso di tante disperate preda del terrore e anche l’ascensore cedette. Le operaie dovettero salire al decimo piano ma anche lì arrivò il fuoco e quel giorno a New York si videro scene che poi si rividero nella stessa città l’11 settembre del 2011, il giorno dell’attacco alle Twin Tover.

«La folla da sotto urlava: "Non saltare!"», scrisse il New York Times. «Ma le alternative erano solo due: saltare o morire bruciati. E hanno cominciato a cadere i corpi». Tanti che «i pompieri non potevano avvicinarsi con i mezzi perché nella strada c'erano mucchi di cadaveri». «Qualcuno pensò di tendere delle reti per raccogliere i corpi che cadevano dall'alto», scrisse il Daily, «ma queste furono subito strappate dalla violenza di questa macabra grandinata. In pochi istanti sul pavimento caddero in piramide orrenda cadaveri di trenta o quaranta impiegate alla confezione delle bleuses». «A una finestra del nono piano vedemmo apparire un uomo e una donna. Ella baciò l'uomo che poi la lanciò nel vuoto e la seguì immediatamente». «Due bambine, due sorelle, precipitarono prese per la mano; vennero separate durante il volo ma raggiunsero il pavimento nello stesso istante, entrambe morte».

In questa tragedia delle 123 donne (più 23 uomini) sfracellate al suolo 39 erano italiane, immigrate nella Grande Mela. Tra queste  Caterina, Lucia e Rosa Maltese (madre e figlie),  Bettina e Francesca Maiale, Rosa e Caterina Bona, Antonia e Anna Vita Pasqualicchio, Serafina e Sara Saracino, Isabella e Maria Giuseppa Tortorelli, Annie L’Abbate, Bessie Viviano,Vincenza Benanti, Emilia Prato,  Kate Leone. Le altre donne erano in gran parte ebree venute negli Stati Uniti dall’Europa orientale, dalla Russia soprattutto, per sfuggire i terribili pogrom che periodicamente si abbattevano sulle povere comunità ebraiche dell’Est.
I proprietari della “Triangle” Max Blanck e Isaac Harris, che al momento dell'incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiusi a chiave gli operai per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne e gli uomini rimasti intrappolati. Il processo che seguì li assolse e l'assicurazione pagò loro 60.000 dollari per i danni subiti (corrispondenti a circa 400 dollari per ogni morto), il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari.

Anche se questo episodio non sia esattamente l'origine di questa ricorrenza è sicuramente il più significativo per cogliere da vicino la condizione della donna nella società industriale: sfruttata per pochi soldi, priva di diritti, tra cui anche il diritto di voto; circondata dal pregiudizio di una presunta inferiorità morale ed intellettiva rispetto all’uomo; libera solo di scegliere se morire di parto, in una fabbrica di camicie, per mano di un bruto o uccisa dalla polizia nella repressione dei frequenti scioperi dell’epoca.



In Italia, la prima giornata della donna si svolse nel 1922, ma il 12 marzo e non l'8.
Si dovette però attendere gli anni Settanta perché la ricorrenza avesse un riconoscimento ufficiale. E ciò avvenne soltanto sulla scia delle proteste del movimento femminista, in particolare sulla scia della manifestazione tenutasi a Roma l’8 marzo 1972, quando la polizia, senza alcun preavviso, caricò e malmenò migliaia di donne presenti in piazza, ree di gridare a gran voce slogan femministi allora assolutamente intollerabili per gran parte della società italiana.

La mimosa. Sono state le italiane a eleggere la mimosa “pianta delle donne”. Nel 1946, l’U.D.I. (Unione Donne Italiane) cercava un fiore che potesse celebrare la prima Festa della donna del dopoguerra. La scelta fu quasi obbligata: la mimosa è una delle poche piante a essere fiorita all’inizio di marzo. Inoltre aveva il vantaggio di essere poco costosa.

La Giornata Internazionale della Donna è festa nazionale in numerosi Paesi: Afghanistan, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Burkina Faso, Cambogia, Cuba, Georgia, Guinea-Bissau, Eritrea, Kazakistan, Kirghizistan , Laos, Moldavia, Mongolia, Montenegro, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Uganda, Ucraina, Uzbekistan, Vietnam and Zambia; mentre in Cina, Madagascar e Nepal la festività è riservata solo alle donne.

Oggi la festa della donna ha un po' perso il suo valore iniziale. Mentre ci sono organizzazioni femminili che continuano a cercare di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi di varia natura che riguardano il sesso femminile - come la violenza contro le donne e il divario salariale rispetto agli uomini - molte donne considerano questa giornata come l'occasione per uscire da sole con le amiche, lasciando mariti, compagni e figli a casa, e concedersi qualche "sfizio", che magari in altre serate non sarebbe permesso.


Testo e immagini dal web.




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