Mie immagini Natale 2022
Spero che per tutti sia stato un sereno Natale.
Robert Brown, come fu per molti attori statunitensi, non ebbe molta risonanza nel mondo del cinema statunitense nonostante cinquant'anni di carriera. Come accadde per Stephen Brooks (uomini bellissimi e bravi attori), che (o perchè non c'erano parti adatte a loro o per poca fortuna) hanno recitato in pochi ruoli ma per chi come me li ha amati non sono finiti nel dimenticatoio.
Robert Brown (Robin Adair MacKenzie Brown), nacque a Trenton, nel New Jersey, il 17 novembre 1926. I suoi genitori, William e Margaret erano di origini inglesi e scozzesi. Prestò servizio nella Marina degli Stati Uniti. Alla fine della seconda guerra mondiale studiò recitazione a New York sia al Dramatic Workshop della New School for Social Research che all'American Theatre Wing con Walter Matthau, Harry Belafonte e Rod Steiger. Debuttò sia a Broadway che sullo schermo nel 1948. I suoi primi ruoli li ottenne recitando in drammi antologici televisivi e in un paio di film che non ebbero successo. Il suo primo ruolo degno di nota fu quello di Sir Justin nell'horror gotico diretto da Roger Corman La torre di Londra (1962). Recitò in tre episodi della serie Perry Mason (1957).
Robert Brown è stato sposato quattro volte, Con Leila N. Goold (1949-1954) con cui ebbe l'unica figlia Laurie; Mary Elizabeth Sellers (1961-1967), Anna Katherine Quarnstrom (1969-1980) la quale aveva due figli ed Elisse T Pogofsky morta mel 2018.
Robert Brown è mancato pochi giorni fa, il 19 settembre 2022, a soli due mesi da quello che sarebbe stato il suo 96esimo compleanno,
Dopo due anni e varie vicessitudini, un piccolo ritorno alla normalità: l'acquisto di nuove cartoline. Una più bella di un'altra.
Queste sono illustrate da Hans.
1963 |
Due illustrate da Ines e una da Nardi
1956 - Ines |
1955 - Ines |
Nardi |
Tre illustratori più conosciuti da noi Edy, Nunzia Barò e Marina Battigelli (MB)
1952 - Edy |
1954 - Nunzia Barò |
1961 - MB |
Di queste cartoline non si conosce nulla nè l'anno in cui sono state inviate nè tantomeno l'illustratore.
Questa cartoline, di cui si sa l'anno in cui è stata spedita, la trovo bellissima e dolcissima.
1955 |
Per ultime le stupende cartoline di Maria Cenci Soffiantini, una tra le illustratrici che amo di più.
1938 |
1948 |
1948 |
1953 |
1956 |
Nel giorno dell'addio a Monica Vitti anche io come molti la voglio ricordare. Era una icona del nostro cinema. La sua simpatia, la sua bravura e la sua voce particolare le diedero fama internazionale.
Monica Vitti, il cui vero nome era Maria Luisa Ceciarelli, nacque a Roma il 3 novembre 1931.Visse a Messina con la famiglia (il padre Antonio, ispettore del Commercio Estero, la madre Adele Vittiglia e i fratelli) per otto anni e si trasferirono poi a Napoli dove durante i bombardamenti della guerra per distrarre i rifugiati nei ricoveri antiaerei sotteranei recitava. A causa della sua freddolosità venne soprannominata "Sette vistìni" (sette sottane) proprio perchè ne indossava diversi uno su l'altro.Quando il palazzo in cui abitava venne distrutto tornò a Roma e a quattordici anni entrò in teatro.
Monica bambina coi suoi fratelli |
Si diplomò nel 1953 all'Accademia nazionale d'arte drammatica e per poco tempo lavorò in teatro. Nel 1955 esordì come Mariana ne L'avaro di Molière e l'anno seguente, sempre sulla scena palladiana, sostenne il ruolo di Ofelia in Amleto. Nel 1956 fu anche protagonista di Bella al Teatro del Convegno di Milano e a Roma si esibì in una serie di atti unici comici al Teatro Arlecchino (ora Teatro Flaiano).Su consiglio di Sergio Tofano cambiò il suo nome scegliendo Monica, personaggio di un libro che aveva letto e Vitti metà del cognome della madre che aveva perso in giovane età.
con Michelangelo Antonioni |
Dopo qualche ruolo di secondo piano in alcune pellicole comiche, venne notata dal regista Michelangelo Antonioni, con il quale intrecciò una relazione artistica e sentimentale. Il regista ne fece la sua musa e la Vitti divenne così protagonista della cosiddetta "tetralogia dell'incomunicabilità".
La ragazza con la pistola |
Fu Mario Monicelli a mettere in risalto la sua sorprendente verve di attrice comica, dirigendola nella commedia La ragazza con la pistola (1968), dove Vitti interpretò il ruolo di Assunta Patanè, una ragazza siciliana che insegue fino in Scozia l'uomo che l'ha "disonorata" (Carlo Giuffré) con l'intento di vendicarsi. Il film ebbe un grande successo e contribuì notevolmente a ridefinire la carriera dell'attrice romana, soprattutto agli occhi del pubblico.
con Jean-Claude Brialy - Il fantasma della libertà |
Nel frattempo, recitò in diverse pellicole estere: La donna scarlatta (1969), Il fantasma della libertà (1974) Ragione di stato (1978) e nel 1979, nella commedia Un amore perfetto o quasi suo ultimo film di produzione straniera. Lasciate alle spalle le esperienze internazionali, sia pure sporadiche, e una volta confermato il suo talento brillante, tra gli altri, in Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) (1970), Gli ordini sono ordini (1972) e La Tosca (1973) durante gli anni settanta, fu protagonista di numerose pellicole del filone della commedia all'italiana.
Io so che tu sai che io so |
Negli anni ottanta tornò a lavorare con Michelangelo Antonioni in Il mistero di Oberwald (1980) e Alberto Sordi in Io so che tu sai che io so (1982). Nel 1983, con la pellicola Flirt di e con l'esordiente Roberto Russo, ricevette il premio dell'attrice al Festival di Berlino del 1984; la collaborazione con Russo, suo futuro marito, continuò con Francesca è mia (1986); entrambi i film furono sceneggiati anche dalla stessa Vitti. In quel periodo recitò a teatro in La strana coppia (1987) e Prima pagina (1988)
Amore mio aiutami |
In alcuni suoi film, e in questo dove viene picchiata da Sordi, la sua controfigura
fu un'ancora sconosciuta Fiorella Mannoia, cantante che proviene da una
famiglia di stuntman.
Nel 1988, il prestigioso quotidiano francese Le Monde commise una clamorosa gaffe nei suoi confronti, pubblicando in prima pagina la notizia della sua morte, "avvenuta per suicidio con barbiturici". L'attrice, con grande eleganza e senso dell'umorismo, si limitò a smentire la notizia, ringraziando i responsabili della gaffe per averle allungato la vita.
con Johnny Dorelli |
Dopo aver esordito anche nella regia col film Scandalo segreto (1990), da lei anche scritto e interpretato accanto a Catherine Spaak, e che rimane la sua ultima apparizione sul grande schermo, nel 1992 recitò nella miniserie TV Ma tu mi vuoi bene? accanto a Johnny Dorelli, in cui interpretò il ruolo di un'assistente sociale, e nella stagione 1993-1994 fece parte del cast della trasmissione di Rai 1 Domenica in. Alla Mostra del cinema di Venezia del 1995 ricevette infine il Leone d'oro alla carriera.
La malattia, una forma di Alzhaimer, la colpì in una età relativamente giovane e a causa di essa si ritirò a vita privata. si mostrò al pubblico per l'ultima volta nel marzo del 2002, alla prima teatrale italiana di Notre-Dame de Paris. Nello stesso periodo concesse anche l'ultima intervista.
Nel 2016, il marito Roberto Russo ha rotto il silenzio, dichiarando false le voci che circolavano sulla presunta degenza dell'attrice presso una clinica svizzera, e confermando che vivesse nella casa romana in cui ha sempre vissuto, accudita proprio da lui stesso e da una badante.
Nel 2021, in occasione dei suoi novant'anni, le è stato dedicato il docufilm Vitti d’arte, Vitti d’amore, promosso dalla Rai, che è stato presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma 2021 e poi trasmesso su Rai 3 il 5 novembre 2021.
Matrimonio con Roberto Russo |
Ha avuto tre lunghe e importanti storie d'amore. La prima, con il regista Michelangelo Antonioni; poi, con il direttore della fotografia Carlo Di Palma, che l'ha anche diretta in tre film nella metà degli anni settanta; infine, con il fotografo di scena e regista Roberto Russo, che ha sposato il 28 settembre 2000, in Campidoglio, dopo 17 anni di fidanzamento.
È morta a Roma, dopo una lunga malattia, il 2 febbraio 2022, all'età di 90 anni.
Da Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Monica_Vitti
Foto dal web.
La festa della Candelora
Anticamente questa festa veniva celebrata il 14 febbraio (40 giorni dopo l'Epifania). La denominazione di "Candelora", data popolarmente alla festa, deriva dalla somiglianza del rito del lucernario, di festa ebraica di cui parla Egeria («Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima» con le antiche fiaccolate rituali che già si facevano nei Lupercali, antichissima festività romana che si celebrava proprio a metà febbraio. La somiglianza tra questa festività pagana e quella cristiana non è solo nell'uso delle candele, ma soprattutto nell'idea della purificazione: nell'una relativa all'usanza ebraica nell'altra riguardo alla februatio.
Durante il suo episcopato, papa Gelasio I (492-496) ottenne dal Senato l'abolizione della festa pagana che fu sostituita dalla quella cristiana della Candelora. Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata da Giustiniano al 2 febbraio, data in cui si festeggia ancora oggi.
La festa viene osservata anche dalla Chiesa ortodossa e da diverse chiese protestanti. In molte zone e in diverse confessioni è tradizione comune che i fedeli portino le proprie candele alla chiesa locale per la benedizione. Il 2 febbraio in certe regioni è uso togliere il presepe.
La Candelora è oggetto di numerosi proverbi dialettali meteorologici, anche in contrasto fra loro.
Eccone alcuni:
«Se nevica per la Candelora sette volte la neve svola.»
A Cannelora Vierno è fora! Risponne San Biase: Vierno mo' trase! dice a vecchia dint' a tana: ...nce vo' 'nata quarantana! cant' o monaco dint' o refettorio: tann' è estate quann' è Sant'Antonio! (dialetto napoletano)
(Alla Candelora l'inverno è finito! Risponde San Biagio "L'inverno ora inizia!". Dice la vecchia dentro la tana "Ne mancano ancora 40". Canta il monaco dal refettorio "L'estate arriva quando viene Sant'Antonio"». (13 giugno)
Se piôv par Zariôla quaranta dè l'inveran in z'arnôva. (dialetto romagnolo)
(Se piove per la Candelora si rinnovano quaranta giorni d'inverno)
La Madona Candelora, se la vien con sol e bora de l'inverno semo fora;
Se la vien con piova e vento,de l'inverno semo dentro. (dialetto triestino)
(Se per la festa della Madonna della Candelora c'è sole e c'è la Bora, siamo fuori dall'inverno; ma se piove o c'è vento, siamo ancora in inverno.)
Pella 'Andelora se pioe o se gragnola dell'inverno semo fora; ma se
sole o solicello semo ancor in mezzo a i'verno. (dialetto toscano)
(Per la Candelora, se piove o se grandina, siamo usciti dall'inverno; ma
se c'è il sole più o meno sereno, siamo ancora in mezzo all'inverno)
De la Candelora ogni aceddu fa la cova (dialetto salentino)
(Dalla Candelora ogni uccello fa le cova)
Da Candalora, cu on avi carni s'impigna a figghjiola (dialetto calabrese)
(Alla Candelora se non hai carne impegna la figliola)
Da la Madona Candeòra de l'inverno semo fora; ma se xe piova e vento, de l'inverno semo drento.
(dialetto veneto)
Da Candelora ill'nvernu simu fora, ma si chiovi e ventu tira, ill'nvernu simu intra»
(dialetto calabrese)
A la Madonna Candelora de l'inverno semo fora, ma se piove e tira vento, de l'inverno semo dentro»
(dialetto umbro)
Il di' dla Candelora de l'inverno sem fora ma se piov, fioca o tira il vent in dl'invern andem in den
(dialetto lodigiano)
A la Madona da la Sciriœura dol inverno a semm da fœura ma s'al fioca o al tira vent quaranta dì a semm anmò dent (dialetto lombardo)
Candelora, de l'invernu semu fora; ma se piôe u tira vendu, de l'invernu semu drendu. (dialetto marchigiano)
A Cannëlôrë, ci non nevëchë e non chiovë, a Vërnët non è fôrë (dialetto pugliese)
Alla Candelora dell'inverno siamo fuori, ma se piova o tira vento nell'inverno siamo dentro)